Pur nella sua vastità, la Basilica di Santa Croce conserva le caratteristiche delle chiese francescane, spoglie ed eleganti, perché così voleva lo spirito di povertà professato dai francescani: semplicità strutturale, ravvisabile negli essenziali pilastri in pietraforte, nella copertura lignea a capriate a vista, nelle grandi distese di intonaci bianchi, nel gran numero di immagini, in pitture su tavola, affreschi e vetrate, che invitano il fedele ad aprirsi ai misteri della fede.
La dedicazione alla Santa Croce, strumento e simbolo della redenzione operata dal Cristo, si integra perfettamente alla spiritualità francescana; lo stesso Francesco – come ammiriamo negli affreschi di Giotto e in quelli di Taddeo Gaddi – si era configurato a Cristo crocifisso quando, poco prima della morte, ricevette le stimmate sul monte della Verna.
Ovunque nella Basilica troviamo il tema della Croce: nella monumentale Croce del Cimabue, un tempo troneggiante sopra l’altare (oggi in sacrestia, restaurata dopo i danni dell’alluvione del 1966); nell’emozionante Croce dipinta dal grottesco “Maestro di Figline”, sopra l’altare maggiore; nella grande vetrata del Ghiberti del rosone della facciata; negli affreschi della Cappella maggiore nei quali si narra la leggenda relativa alle vicende del santo legno, prima e dopo il suo straordinario servizio quale strumento della passione e morte di Cristo.
Alcuni temi direttamente legati all’Ordine francescano hanno particolare rilevanza nel percorso artistico della Chiesa: oltre alle delicatissime scene a bassorilievo che Benedetto da Maiano eseguì per il pulpito addossato al terzo pilastro destro nella navata centrale, che è una sintesi di tutta la spiritualità francescana (dalla approvazione della Regola di vivere secondo il Vangelo, alla predicazione del medesimo di fronte al Sultano d’Egitto, alle stimmate e morte di Francesco, ai primi martiri del Marocco), lo spirito del Poverello d’Assisi traspare, in tutta la sua umanità, negli affreschi di Giotto della Cappella Bardi. Questo accostamento del divino all’umano è la grande novità dell’arte di Giotto che supera lo stile bizantino distaccato e ieratico, quale ancora troviamo nella pala d’altare della cappella stessa con l’austera immagine di San Francesco stesso, su fondo oro.
La presenza di numerosissime antiche tombe e di sepolcri monumentali sottolineano il tema della morte ed esprimono l’importanza dei valori civili unitamente alla speranza cristiana nella vita eterna e nella forza della preghiera di suffragio che unisce i morti ai viventi per la comunione dei santi.