Una delle testimonianze più organiche sullo svolgimento della cultura è, indubbiamente, la storia delle biblioteche nella quale ogni realtà esprime e presenta se stessa
L’antica biblioteca
‘Santi del libro’, così sono stati definiti san Francesco e san Domenico perché le loro biblioteche, che si formano con l’istituzione del convento e in un momento di particolare sviluppo della tradizione manoscritta, sono vere biblioteche di studio, risultato di apporti diversi, il cui inserimento nel contesto cittadino le porta ad essere punti di riferimento culturale e spirituale.
Il primo nucleo della Biblioteca di Santa Croce inizia a costituirsi ai tempi dell’insediamento della comunità francescana a Firenze. Frate Bernardo Quintavalle e frate Egidio arrivano a Firenze nel 1209, seguiti da Francesco nel 1211, e trovano ospitalità vicino ad una piccola chiesa, in mezzo a un prato sulla riva del fiume Mugnone. La chiesetta è dedicata all’Assunzione ed è chiamata Santa Maria a San Gallo o, più comunemente, Santa Maria del popolo. Con atto di donazione del 5 ottobre 1218 i proprietari del terreno, Guido o Guidolotto di Volto dell’Orco e sua moglie Bernardesca, decidono di donare la loro proprietà a Santa Romana Chiesa che metterà sotto la sua protezione i frati del piccolo ospizio per pellegrini e poverelli.
Il 22 settembre 1220 Papa Onorio III, con la Bolla Cum secundum consilium, stabilisce anche per i Minori l’obbligo del noviziato. Forse proprio in seguito a questa disposizione, nel 1221, viene offerto ai frati un luogo più idoneo alle nuove necessità di spazio e di organizzazione : la bolla Sacrosanta Romana Ecclesia del 1228 con la quale Papa Gregorio IX prende sotto la sua protezione chiesa, convento e Francescani, lo identifica con Santa Croce.
In questo periodo iniziano a formarsi presso i conventi dei Francescani raccolte di libri di uso comune, utili per prepararsi alla lettura, al canto, alla preghiera, ma con il tempo si incoraggia l’istituzione di vere e proprie biblioteche per assicurare ai frati tutti i libri necessari allo studio, considerato che sono molto costosi e che è meglio non possederne a titolo personale.
Attraverso le note e gli ex libris dei codici appartenuti alla Biblioteca di Santa Croce, attualmente conservati presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e la Biblioteca Medicea Laurenziana, si riconoscono esemplari confluiti per acquisto, per dono e per lascito. Insieme, infatti, agli acquisti di alcune opere fondamentali e di uso comune, sono presenti nuclei di codici pervenuti tramite donazione, magari ricevuti per disposizione testamentaria: raccolte individuali che si integrano con la biblioteca del convento. Troviamo, per esempio, un codice con il Nuovo Testamento donato nel 1230 dal Vescovo di Firenze, Giovanni, alla sua morte. La prima acquisizione datata risale al 1246, quando viene acquistato il manoscritto del Decretum Gratiani : la celebre raccolta di fonti di diritto canonico del monaco Graziano, risalente al XII secolo, altrimenti conosciuta come Concordia dicordantium canonum, è impiegata nelle scuole di arti liberali quale opera didattico-dottrinale, e in quelle ecclesiastiche a fini pratico-forensi .
Gli ‘studia’, lo Studium di Santa Croce
Proprio intorno alla metà del XIII secolo iniziano ad essere istituite, presso i Francescani, delle scuole, dette studia, dove le lezioni sono pubbliche e in cui sono ammessi anche i laici, come presso i Domenicani. Circa a questo periodo risalgono anche i primi Studi provinciali per la formazione culturale e spirituale dei religiosi. Secondo le Costituzioni di Narbona di s. Bonaventura, del 1260, i futuri chierici devono inoltre seguire il Trivium ed il Quadrivium.
Sappiamo che Dante Alighieri frequenta lo Studium di Santa Croce, come lui stesso afferma nel Convivio, probabilmente tra il tra il 1291 e il 1295. In questo periodo iniziano anche i lavori per la costruzione della Chiesa attuale (1294) e la biblioteca, che deve riflettere l’organizzazione dello studium, è già una realtà visto che il Poeta, probabilmente, frequenta Santa Croce anche come sede di lettura, oltre che di apprendimento, come infatti è stato ipotizzato: all’interno degli Ordini mendicanti si sta affermando un nuovo modello di biblioteca incentrato sull’aspetto della consultazione con i libri incatenati a banchi di lettura, o plutei, e collocati in base a classificazioni tematiche che riprendono quelle dei piani di studio.
A partire dalla metà del XIV secolo, la collectio librorum di Santa Croce si presenta come una ricca raccolta pubblica rappresentativa di una nuova importante realtà culturale: lo Studium generale dell’Ordine. Nel 1364, inoltre, Santa Croce diventa sede della quarta Facoltà teologica francescana, già attiva nelle città di Bologna, Padova e Perugia, e lo studium vi viene incorporato. Riflesso della realtà culturale che la circonda, la raccolta in questo periodo sembra assumere una propria fisionomia come si evince dalla presenza, nelle note di possesso presenti sui codici, della parola armarium, per indicare il luogo di conservazione, al posto del più generale termine conventus precedentemente impiegato. La biblioteca, o ‘armario’, comprendeva principalmente opere di biblica ed esegesi, di patristica, teologia e filosofia, vite dei padri, dei santi e dei martiri, trattati grammaticali e retorici, autori classici. Molte sono le opere giuridiche, come le Constitutiones contra haereticos che ci ricordano che fin dal 1254, con papa Innocenzo IV, era stato affidato ai Francescani l’ufficio di inquisitori e che l’inquisizione di tutta Italia centro-settentrionale aveva la sua sede nel Convento di Santa Croce.
I grandi corali
Presso la sacrestia, invece, sono tenuti i manoscritti che servono al servizio liturgico, i ‘libri da coro’ o corali, antifonari e graduali, e i messali, i breviari, i lezionari, i più con pregevoli miniature di stile francese o bolognese che testimoniano il rapporto con gli studia e le biblioteche di Parigi e Bologna; fra questi solo il Pontificale è tenuto in biblioteca, Sappiamo che la messa conventuale era cantata ogni giorno, san Francesco stesso aveva inserito il canto nell’ufficio raccomandando ai frati di non badare solo alla melodia ma di mettere piuttosto lo spirito in armonia con le parole, per piacere a Dio.
Naturalmente l’utilizzo della biblioteca, che deve essere utile a una comunità di religiosi e laici, prevede delle regole da rispettare: per chiedere in lettura un libro è necessaria l’autorizzazione dell’Armarista, o del Sacrista, il prestito deve essere rinnovato ogni quindici giorni o a massimo ogni mese; le inadempienze sono punite con la temporanea esclusione da questo servizio.
La biblioteca secondo padre Tedaldo
Lo Scisma d’Occidente, del 1377, oltre all’allontanamento dei Francescani dai grandi studi fuori dall’Italia, porta alla rottura dei rapporti tra Santa Croce, fedele al Papa di Roma, e lo Studio di Parigi, ‘Mater theologorum’, unito all’antipapa Clemente VII. Da questo momento in poi Santa Croce volge l’attenzione soprattutto alla realtà culturale fiorentina e grazie al padre Tedaldo della Casa, letterato ed esperto nelle opere del Petrarca, che dà alla biblioteca un carattere umanistico trasformandola in un centro di nuovi interessi. Grazie a Tedaldo la raccolta si arricchisce di testi teologici e relativi alla storia dell’Ordine ma soprattutto letterari, specialmente di autori classici. Tedaldo, inoltre, interessato alla vicenda degli Spirituali, colloca in biblioteca alcuni scritti di Pietro di Giovanni Olivi, difensore della corrente spirituale, rigorista all’interno dell’Ordine francescano e professore di teologia (lector) tra il 1287 e il 1289 in Santa Croce, le cui opere erano state proibite dal Capitolo di Assisi del 1354. Altri donatori seguono l’esempio di Tedaldo: Cosimo de’ Medici, Giovanni de’ Medici, Nicolò Spinelli e Sebastiano Bucelli, responsabile della biblioteca, a cui sono attribuite le acquisizioni di ben 37 codici, quasi tutti di autori classici latini.
Una nuova sede
Nel 1427 l’Arte dei Mercatanti o di Calimala, si assume le spese di incremento e di manutenzione dei manoscritti e la biblioteca trova anche una nuova adeguata sede nell’ala del convento a sud del primo chiostro. I lavori sono eseguiti grazie all’eredità di un laico, di nome Michele Guardini, lasciata all’Arte, che doveva essere impiegata, per volontà del testatore, per scopi di pubblica utilità. Sul muro esterno del loggiato superiore che si affaccia sul secondo chiostro è ancora oggi possibile vedere l’arma del testatore, un bove rampante, accanto allo stemma dell’Arte di Calimala, un’aquila che ghermisce un torsello.
La nuova biblioteca si presenta, secondo la tradizione, come un’unica aula rettangolare con settanta plutei disposti su due file, …ex parte ecclesiae e ex parte claustri…, dove trovavano collocazione 785 codici ‘catenati’. Qualche anno più tardi ne viene stilato l’inventario che serve al bibliotecario, eletto dal Magistrato dei Mercatanti, per fare il riscontro dei codici.
San Bernardino da Siena e gli altri…
Sappiamo che anche san Bernardino da Siena frequenta la Biblioteca di Santa Croce in occasione dei suoi soggiorni a Fiesole presso il Convento di San Francesco e per le sue prediche in Santa Croce che hanno luogo nel 1424 e nel 1425, come risulta dai codici che le riportano.
Nei secoli XVI e XVII la Biblioteca d Santa Croce continua ad essere considerata un luogo di lettura e studio importante se anche Bernard de Montfaucon e Jean Mabillon, padri della paleografia e degli studi storico-filologici, ne lodano la quantità e la qualità sul finire del Seicento.
Il crepuscolo: la fine di una grande istituzione
Nel secolo successivo la situazione, tuttavia, non è più la stessa: forse i codici vengono trascurati e il granduca Pietro Leopoldo, con motuproprio del 1766, ne stabilisce il trasferimento presso la Biblioteca Medicea Laurenziana, …per maggiore comodità degli studiosi…, dove Angelo Maria Bandini, prefetto della Biblioteca, ne stila un nuovo catalogo. Degli antichi codici al convento rimangono i corali, i graduali, i lezionari, perché utili all’esercizio del culto.
Dal 1767, a causa di un’epidemia, gli ambienti che un tempo avevano ospitato i codici della biblioteca, sono adibiti a succursale dell’Ospedale di Santa Maria Nuova. I frati stessi si prodigano nell’assistenza ai malati e, una volta scomparsa la malattia, ottengono il permesso di trasferire, in questi stessi ambienti, la raccolta dei libri del convento, quelli a stampa, collocata al piano terreno, in un locale umido ed esposto alle inondazioni. Non solo, nel 1772 il Granduca fa riportare in Santa Croce, dalla Laurenziana, ben 165 codici manoscritti, tanto che in ricordo del ‘dono’ viene apposta dai frati all’ingresso della biblioteca una lapide marmorea.
I Francescani possono così ricostituire la loro Biblioteca in Santa Croce, risultato anche questa di diversi apporti come dimostra la donazione, del 1792, della raccolta privata del nobile fiorentino Orlando Malavolti.
In seguito al decreto napoleonico del 29 aprile 1808, seguito da quello del 13 settembre 1810 che prevede la totale soppressione dei conventi, tutti beni di Santa Croce, mobili e immobili, sono incamerati dallo Stato e affidati all’amministrazione del Registro e del Demanio. I frati stessi sono allontanati dalla Chiesa che viene trasformata in parrocchia. I beni incamerati comprendono anche la biblioteca (insieme ai diplomi, le carte e i documenti), rimangono i libri necessari al culto. Alcuni codici, circa venti, passano alla Biblioteca Medicea Laurenziana, mentre la restante parte della raccolta libraria è ceduta alla Biblioteca Magliabechiana, l’attuale Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, che l’acquisisce ufficialmente il 17 marzo del 1812.
Nel 1814, con la restaurazione del governo lorenese, ai Francescani è restituita la Chiesa e il Convento, con un motuproprio del 14 dicembre. Tuttavia, “per consentire la consultazione delle carte che riguardano i beni acquisiti dopo la sua soppressione”, non può essere restituito l’archivio del Convento. A tal scopo era stato istituito l’Archivio delle corporazioni religiose soppresse che, dal 1852, è portato, insieme ad altri fondi, presso il nuovo Archivio di Stato di Firenze, allora agli Uffizi. La raccolta libraria, per la parte manoscritta, rimane divisa tra la Biblioteca Medicea Laurenziana e la Biblioteca Nazionale Centrale, nei rispettivi fondi Conventi soppressi .
Durante il periodo napoleonico il secondo chiostro era stato trasformato in alloggio per militari, ma anche dopo la riabilitazione dei Francescani alcuni ambienti vengono adibiti ad attività estranee al Convento: come il refettorio che, dal 1842 al 1862, è sede di una manifattura di tappeti, o come i locali un tempo utilizzati dall’Inquisizione che, dal 1838, ospitano una scuola infantile per femmine.
Con il trasferimento della Capitale a Firenze, stabilito con legge n. 2032 dell’11 dicembre 1864, Santa Croce è scelta per ospitare una sezione del Ministero delle Finanze, la Direzione Generale del Debito Pubblico, in conformità a quanto stabilito dalla legge n. 384 del 22 dicembre 1861 che premetteva al Governo di occupare i conventi per cause di pubblico servizio. Gli uffici della Direzione, ricavati dalle celle dei frati (l’ex dormitorio), unite a due a due, trovano posto negli ambienti a lato del Chiostro del Brunelleschi. Per i frati è realizzato dietro la Chiesa un ‘conventino’ separato dal resto con alcune celle.
Nel 1866 ai Francescani non è più riconosciuta personalità giuridica in base al regio decreto 3036 del 7 luglio 1866 che sancisce la totale soppressione degli ordini, corporazioni e congregazioni religiose (in esecuzione della legge del 28 giugno 1866 n. 2987), seguito dalla legge 3848 del 15 agosto 1867 riguardante la liquidazione dell’Asse ecclesiastico. Gli edifici sacri tenuti aperti al culto in quanto riconosciuti utili alle esigenze spirituali della popolazione, come Santa Croce, passano al Fondo per il Culto, dipendente dal Ministero della Giustizia e dei Culti, a cui è affidato il compito di erogare le pensioni ai membri delle case religiose soppresse. I conventi, invece, sono consegnati all’amministrazione del Demanio che si occupa della loro alienazione, in base ad una legge del 1862, e devoluzione, pagando una rendita al Fondo per il Culto. In questo modo è reso commerciabile il vasto patrimonio immobiliare della Chiesa, mentre gli oggetti di valore storico-artistico degli ex conventi sono devoluti dal Demanio ai musei e alle pubbliche biblioteche della Provincia, come previsto dal decreto 3036.
Il Chiostro del Brunelleschi
Di lì a poco, assumendosi le spese per le pensioni dovute ai religiosi, il Comune ottiene l’ex Convento di Santa Croce. Alcuni ambienti sono dati in uso alla Scuola professionale per le arti decorative e industriali, il futuro Istituto d’arte, che nel 1878 si trasferisce in un’ala dell’ex Convento, quella tra i due grandi chiostri, che un tempo aveva ospitato la Biblioteca di Santa Croce. Gli ambienti invece del secondo chiostro, il Chiostro del Brunelleschi, rimasti in conto all’amministrazione del Demanio, già utilizzati dall’Ufficio del Ministero delle Finanze, trasferito a Roma, sono occupati dalla Direzione territoriale del Genio che li utilizza per ospitare un battaglione di fanteria e alcuni uffici dell’amministrazione militare.
Nel 1902 l’amministrazione comunale decide di rinunciare ad alcuni ambienti limitrofi al Chiostro del Brunelleschi che, una volta passato al Ministero della Pubblica Istruzione, di fatto viene interamente compreso nel nuovo edificio della Biblioteca Nazionale. Non sono tuttavia considerati gli ambienti del Chiostro occupati dalla Scuola professionale per le arti decorative e industriali ceduti, in previsione del suo trasferimento a Porta Romana, nuovamente al Demanio, e poi compresi nell’edificio della Biblioteca Nazionale Centrale solo nel 1909.
Qui, al primo piano, al posto della grande e luminosa aula nella quale gli allievi della Scuola traevano spunto dai modelli di gesso e dai fiori, ha trovato posto uno dei più grandi depositi di libri dell’Istituto. L’ambiente, un tempo sede della raccolta degli antichi codici di Santa Croce, è tornato ad essere una biblioteca.
Il Convento di Santa Croce nel 1718
La nuova biblioteca
… abbiamo già raccolto i volumi esistenti nei conventi della nostra Provincia […] con la certezza di potere […] ampliarla e renderla atta il più possibile al suo scopo e cioè quello di dare incremento agli studi religiosi, storici e francescani. Per questo abbiamo voluto che la biblioteca non fosse limitata ai religiosi del nostro Ordine ma aperta a tutti.
Dopo i provvedimenti legislativi ottocenteschi che avevano visto l’incameramento, da parte dello Stato, dei beni degli ordini religiosi, si ricostituisce presso l’ex Convento di Santa Croce una raccolta di libri di uso comune, utile inizialmente a quei religiosi che vi sono rimasti e che continuano a curare l’officiatura, sebbene non in forma ufficiale non avendo l’Ordine riconoscimento legale. E’ sufficiente prendere in considerazione i primi inventari dei beni in uso al Convento che dalla fine del secolo, da un nucleo di circa 660 opere bibliografiche, registrano una raccolta libraria in continua crescita.
In un primo momento gli argomenti sono quelli di una raccolta che deve servire soprattutto alla vita dei religiosi nel Convento. Ormai l’insegnamento della religione, un tempo parte programma educativo, è facoltativo. Nel 1873 erano state soppresse le Facoltà teologiche nelle Università di Stato, rimanevano solo quelle ecclesiastiche i cui titoli non erano riconosciuti .
La raccolta, che non sembra avere, almeno inizialmente, un particolare ordinamento per una quotidiana fruizione del materiale, comprende comunque non poche opere: prediche, orazioni, sermoni, vite dei santi e dei beati, scritti esegetici, apologetici, teologici e non mancano opere storiche, letterarie e riguardanti la storia dell’Ordine.
Ai primi anni del Novecento negli inventari si descrive una raccolta conservata in quattro scaffali grandi più due più piccoli …pieni di libri…, con rispettivo catalogo, segno di una maggiore consapevolezza della raccolta. La troviamo in un ambiente al quale si accede dalla ‘Sala del Noviziato’, in quell’ala collocata nella parte tergale del Complesso, verso gli ‘Orti’.
Il 12 febbraio 1929 sono invece ceduti in uso ai religiosi alcuni ambienti dell’ex Convento, limitrofi ai chiostri, del piano terreno, confinanti con la Cappella de’ Pazzi, con accesso sia dalla Chiesa sia dal primo chiostro a lato della Cappella, e del primo piano, liberati dalla Scuola per le arti decorative e industriali trasferita definitivamente a Porta Romana nel 1923 .
Che si potesse disporre di nuovi ambienti lo si evince dall’inventario del 1931 che, oltre a presentare una biblioteca accresciuta e già organizzata per la lettura, con dieci scaffali e un grande tavolo con diverse seggiole, testimonia la presenza in Santa Croce di un Collegio del Probandato, il collegio degli aspiranti all’Ordine, con una propria ‘Sala studio’. Con gli anni gli effetti delle ‘leggi eversive’ si erano stemperati e, dopo il Concordato del 1929, l’insegnamento della religione, non più facoltativo, era stato affidato a sacerdoti e religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica.
Il riconoscimento della Provincia Toscana dei Frati Minori Conventuali come ‘ente morale di culto’, con sede principale nel Convento di Santa Croce, avviene nel 1933. Un anno dopo si registra la presenza e l’attività anche di una ‘piccola scuola’ oltre che di una ‘scuola’ presso il Collegio del Probandato.
Nel 1944 è inaugurata la nuova Biblioteca di Santa Croce, ulteriormente accresciuta, negli ambienti ceduti in uso ai frati nel 1929 e in occasione delle celebrazioni del quinto centenario della morte di san Bernardino da Siena (1380-1444): era il 20 maggio, festa del Santo, il grande predicatore che aveva saputo abbinare fede e scienza. Per l’occasione viene commissionata allo scultore Ferrante Zambini la statua collocata all’ingresso della Biblioteca, raffigurante san Bernardino con in mano il suo celebre monogramma, raffigurato anche sulla facciata della Basilica di Santa Croce.
La sede
La biblioteca ha sede dove, un tempo, partiva il dormitorio superiore, che consisteva in un ampio e lungo corridoio sul quale si aprivano le porte delle celle dei frati. Vi si accede tramite l’ampia scala che collega l’ambiente direttamente con la Chiesa, o con i chiostri. Un tempo, questo ambiente, fungeva anche da ‘anticamera’ a quello che ospitava l’antica Biblioteca di Santa Croce (quella realizzata nel Quattrocento), diventato sede della Scuola per le arti decorative e industriali, quindi successivamente inglobato nella Biblioteca Nazionale Centrale.
L’affresco con Cristo crocifisso, la Madonna e i santi che si può vedere entrando in biblioteca, sulla destra (sec. XV, attr. Paolo Schiavo), doveva accogliere i religiosi e fungere da memento a un luogo dedicato alla meditazione e allo studio.
Le raccolte
La biblioteca è una creazione del Ministro provinciale, padre Pio Venturi, che fin dal 1937 si era messo in contatto con vari enti culturali dalle biblioteche dei quali erano arrivate varie donazioni di libri in duplice copia. Dai conventi della Provincia dell’Ordine erano prevenute alcune opere interessanti, superstiti delle soppressioni ottocentesche. L’apporto più consistente viene dalla Biblioteca del Convento di S. Francesco in San Miniato (Pisa): si tratta di un fondo librario consistente e prezioso pervenutogli nel 1872 grazie a due religiosi.
La biblioteca, come chiarisce padre Venturi, è …aperta a tutti… non solo agli aspiranti all’Ordine: quindi un luogo sia di studio sia di confronto, in linea con lo spirito francescano abituato a coniugare la fede in linguaggi e culture diverse. L’appartenenza dei libri alla biblioteca veniva sancita da un timbro che contiene la legenda “Biblioteca Santa Croce Firenze” con al centro la Croce.
Oltre al materiale bibliografico, si stabilisce che la biblioteca accolga anche alcuni fondi speciali che ancora oggi fanno parte delle sue raccolte. Attualmente l’ambiente conserva, infatti, ciò che rimane di una Fototeca (in parte alluvionata nel 1966), un tempo custodita in un ambiente dedicato che riuniva le fotografie dei conventi esistenti e soppressi delle famiglie francescane, maschili e femminili, l’iconografia dei santi, beati e venerabili dell’Ordine e quella dei personaggi illustri minoritici. E’ previsto anche un ambiente Manoscritti (e rari) probabilmente per il materiale liturgico non più d’uso e la documentazione d’archivio più antica salvata da incendi, inondazioni e soppressioni, l’attuale Archivio storico della provincia religiosa dei Francescani Conventuali di Toscana che conserva i documenti provenienti da diversi conventi francescani della provincia religiosa e le carte prodotte dalla comunità francescana di Santa Croce.
A questi primi fondi speciali si sono aggiunti, in tempi più recenti, il fondo della moderna Cappella musicale di Santa Croce (XX sec.) con edizioni di musica notata della prima metà del Novecento, il fondo Pietro Parigi (1892-1990), celebre incisore ed illustratore per Città di Vita e per i Francescani, che riunisce l’opera grafica prodotta dall’artista in qualità d’illustratore (di riviste, libri e manifesti), con riproduzioni coeve da matrice originale, tipografiche, matrici da stampa incise.
Lo Studio Teologico per Laici e Città di vita
Con l’istituzione della biblioteca, p. Venturi prepara la strada alla creazione del primo studio teologico riservato ai laici in Italia, istituito subito dopo la nascita della biblioteca: il 25 aprile del 1945, con sede presso il Convento di Santa Croce, nasce lo Studio Teologico Per Laici, il primo del genere in Italia. L’attività dello Studio contribuisce, negli anni, all’arricchimento della Biblioteca di Santa Croce, poi registrata anche con il nome Biblioteca dello Studio Teologico per Laici, grazie anche ad una serie di pregevoli edizioni, curate dalla casa editrice Città di Vita, la rivista di arte, scienza e religione e fondata nel 1946 come portavoce dello Studio.
L’attività missionaria, avviata in particolare dal pontificato di Pio XI, e i lavori del Concilio Vaticano II (1962-1965), portano ad una maggiore considerazione delle diversità delle varie chiese cattoliche. Così, grazie all’interscambio con la rivista Città di vita, arrivano in biblioteca anche diverse riviste dall’estero (di cui alcune dal sud America per conoscere la ‘teologia della liberazione’) che, con gli anni, contribuiscono alla formazione della raccolta .
L’alluvione del ’66
Una diminuzione dello spazio a disposizione per la raccolta bibliografica (coesistente con la sala di lettura) porta, con il tempo, a dotare anche il piano dei chiostri di un ambiente ad uso della biblioteca: serve, principalmente, da sala di lettura. In seguito all’alluvione del 4 novembre del 1966, anche questo ambiente, come molti altri, viene completamente invaso dal fango e dall’acqua. Nei mesi successivi, infatti, si richiedono contributi straordinari a pro della Biblioteca di Santa Croce che durante l’alluvione ha subito gravi danni …nel reparto di consultazione sito al pianterreno, invaso dalle acque per cinque metri….. La sede della biblioteca, quella inaugurata nel 1944, non era stata, per fortuna, nemmeno sfiorata dall’alluvione.
ll soppalco
Per scongiurare nuovi danni alla raccolta, viene presa la decisione di dotare la biblioteca di un soppalco, dove vengono collocate nuove scaffalature metalliche fornite dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche in sostituzione di quelle danneggiate dall’alluvione nella sala di consultazione del piano terreno, e quindi trasferiti tutti i libri. Sotto il soppalco (che funge ancora oggi da magazzino librario) vengono ricostituiti gli spazi necessari alla consultazione (la sala di lettura), mentre il catalogo a schede continua a rispecchiare la suddivisione per materie della raccolta che, inizialmente, coesisteva con la sala di lettura.