“Mentre tutto all’intorno era distruzione e morte in Santa Croce si edificavano opere di vita…”
P. Bernardino Farnetani OfmConv.
Padre Pio Venturi (Capraia 8/9/1894 – Pisa 26/1/1977) nasce a Capraia Fiorentina (oggi Capraia e Limite) in provincia di Firenze. A sedici anni entra come probando presso il Convento di San Francesco in San Miniato. Il 4 ottobre del 1915 inizia il noviziato in Assisi, ma pochi giorni dopo viene richiamato per il servizio militare. Nel 1917 viene fatto prigioniero dopo la disfatta di Caporetto e inviato in Belgio. Il 28 ottobre del 1919 riprende il noviziato in Assisi. Emette i voti di professione semplice il 29 novembre del 1920 e quelli di professione perpetua, o solenne, l’11 marzo del 1923 a Firenze, in Santa Croce. Nello stesso anno è ordinato sacerdote in Colle Val d’Elsa. Padre Venturi ricopre la carica di padre Guardiano, vale a dire responsabile del convento, in diverse case religiose della Provincia toscana dei Frati Minori Conventuali: è prima Guardiano del Convento di San Francesco in Cortona (1927-28), poi di San Francesco in Arezzo (1928-1933 e 1946-1952), di San Francesco in Sansepolcro (1933-1937, 1952-1958, 1961-1967), città in cui svolge anche attività di parroco dal 1933 al 1937 e dal 1952 al 1955, e quindi del Convento di Santa Croce in Firenze (1937-1946). Per nove anni ricopre la carica di Ministro provinciale, dal 1937 al 1946, insieme a quella di Guardiano del Convento di Santa Croce dove ha sede la Curia provinciale. Nel 1946 è nominato Custode dei custodi (1946-1949) una carica rappresentativa delle tre Custodie, aretina, pisana e fiorentina, in cui era allora divisa la Provincia francescana. Durante la vita padre Venturi riceve una serie di titoli onorifici: nel 1938 diventa Cavaliere dell’Ordine della Corona, nel 1959 Commendatore al merito della Repubblica e in seguito Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto, ordine istituito nel 1968 per gratitudine verso coloro che avevano partecipato alla Grande Guerra [i].
Durante i nove anni di provincialato padre Venturi promuove varie attività, alcune delle quali ancora oggi portate avanti, con determinazione, dalla Comunità francescana di Santa Croce: nel 1944, per esempio, in occasione dell’anno dedicato alle celebrazioni del grande predicatore francescano, san Bernardino da Siena, istituisce la nuova Biblioteca di Santa Croce (in sostituzione di quella incamerata dallo Stato nel XIX secolo, in seguito alle soppressioni degli Ordini religiosi) con una ‘fototeca’ e una ‘sala manoscritti’ per la consultazione dell’Archivio storico. La biblioteca, inaugurata il 20 maggio, è composta da opere provenienti, in gran parte, dal Convento di San Francesco in San Miniato, dal convento di Arezzo e da quelli di Pistoia, Pisa e Cortona. Così scrive, nel 1948, l’ingegnere Ugo Gasperi Campani che, insieme all’architetto Ezio Zalaffi e per conto dell’Ufficio comunale delle Belle arti, era stato incaricato di mettere a punto il progetto della biblioteca: A capo del secondo ramo di scala x che conduce dal Chiostro ad una parte del Convento, per una porta chiusa da un bussolone sgangherato e rovinato, si entrava in un ampio e lungo corridoio, abbandonato ormai da tempo quasi immemorabile, male illuminato e che mostrava troppi segni di una decadenza dolorosa. Qui, padre Pio, voleva che gli facessi il locale per una biblioteca degna di quel Tempio che fu per ben nove anni vita della sua vita. I fondi erano pochi, molto pochi anche per allora (1944), quando la lira era ancora quasi una lira. Ma, diceva lui, “le cose belle attraggono, e gli innamorati del bello e di S. Croce si appassioneranno anche a questo, e i denari … verranno”. È uno psicologo ed un ottimista padre Pio! E così fu: il grande corridoio, porzione di quello lunghissimo che arrivava fino a dove è ora la Piazza Cavalleggeri, sul quale, ai due lati, si aprivano le celle dei religiosi e che era stato mutilato in base alla legge del ’66 [1866], che decretava la soppressione dei Conventi e che in un tempo successivo aveva servito di dormitorio ai ‘fratini’, grazie all’amore di molti, e all’opera di operai attivi e intelligenti, tutti spronati e sorretti dalla fede del Provinciale, vide ripulirsi le sue pareti, gettar via la tinta bigia…” [ii].
In quel periodo padre Venturi ha già dimostrato la medesima determinazione e perspicacia nell’organizzare presso il Convento di Santa Croce un “pubblico rifugio”, come lui stesso scriverà successivamente in una relazione a proposito della guerra: Durante i paurosi allarmi, specialmente notturni, varie centinaia di persone si raccoglievano presso il nostro Convento di Santa Croce dove era stato provveduto un pubblico rifugio. I Religiosi si prestavano sempre ad aiutare e sollevare nel migliore modo possibile i rifugiati, confortando ed assistendo tutti con carità [iii].
L’attività dei frati, guidati dal padre Venturi, non si ferma a questa assistenza: in Santa Croce vengono accolti e ospitati profughi, aiutati i sinistrati, gli sfollati. Si consente a molte persone che … si ritenevano poco sicure nelle proprie abitazioni …, di portare … nei fondi e nelle stanze del Convento … mobili, casse di biancheria ed altro…[iv]. In questo periodo la Comunità francescana di Santa Croce conta nove sacerdoti e quattro fratelli laici professi [v].
Il 30 luglio del 1944, con l’ordine di sfollamento dalle forze militari tedesche, riguardante le zone lungo il fiume Arno, i frati sono costretti a cercare asilo in altri istituti. La decisione di padre Venturi di rimanere in convento, con altri tre religiosi, contro la volontà degli occupanti, considerato che i nazisti avevano occupato la vicina Biblioteca Nazionale Centrale, dimostra il grande coraggio di questo frate.
Dopo la liberazione da parte del Comando militare alleato non viene registrato nessun danno ai religiosi e nessuno rilevante ai fabbricati, ad eccezione di quello, per fortuna di poco rilievo, del tetto della Basilica e la rottura dei vetri del convento (con lo sfondamento del soffitto di alcune stanze) causata dal violento spostamento d’aria dovuto all’esplosione dei ponti.
Ecco cosa scrive di padre Venturi la direttrice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Anna Saitta Revignas, che aveva chiesto asilo ai frati in quei tragici momenti, pur di non allontanarsi dall’istituto da lei diretto:
Ricordo con una gratitudine che mi accompagnerà per tutta la vita il conforto datomi in quei giorni tremendi che mi sembrava mai dovessero aver fine, il Suo sereno ottimismo accompagnato ad una cristiana rassegnazione che dominava e superava le più tragiche possibilità. Il Suo segno di croce sopra di noi era la nostra sola difesa mentre il passo ferrato delle sentinelle tedesche risuonava come una minaccia sui Lungarni deserti e quando più tardi nel cielo della città rosso di fiamme e di rovine, i boati delle mine che distruggevano i bei ponti di Firenze sembravano far crollare l’angolo della Chiesa nella quale avevamo cercato rifugio. Allorché le S.S. tedesche invasero ed occuparono la Biblioteca ritenendola deserta fu vicino a lui, sempre composto e sereno, che trovai l’animo di affrontare quelle orde abbrutite dalla guerra i cui ordini avevamo osato trasgredire. Nella luce dell’estate che indugia, come allora, in alti silenzi fra le arcate del Chiostro del Brunellesco, quelle ore angosciose sembrano ormai infinitamente lontane. Ma per me che non le posso dimenticare, il ricordo del padre Venturi è ad esse legato, sempre caro ed accogliente come il conforto che ebbi allora dalla sua forza serena, dalla sua semplice e grande bontà [vi].
Ancora una testimonianza di quei momenti di Luigi Bellini, il noto antiquario fiorentino, a proposito di padre Venturi e in occasione dei venticinque anni di sacerdozio del frate (1923-1948): Quella sua figura un po’ tarchiata, quella sua aria bonaria e primitiva, quella modestia farcita d’arguzia, quella parlantina zampillante, fresca come acqua chiara che scaturisce da una roccia viva e ti dice cose sagge e dotte con la naturalezza di chi racconta il più insignificante degli episodi, e quel suo fare di campagnolo mistico che vive a contatto della natura e ti parla di Dio, senza averne l’aria, con la naturalezza la più semplice e che con la stessa piena semplicità, forte di cose profonde che ti fanno pensare, piacque immensamente a me, che sono uno spirito irrequieto ma semplice, e la nostra amicizia diventò una cosa cara, un altro bisogno della mia vita. Nei giorni brutti dell’emergenza padre Pio mi fu di grande aiuto morale e materiale, perché molte delle mie opere d’arte furono salvate da lui e sottratte alla furia dei barbari, sempre con quella semplice naturalezza di chi fa una cosa qualunque … [vii].
Nella relazione sugli eventi bellici, padre Venturi descrive anche l’attività degli altri conventi della provincia religiosa toscana dei frati Conventuali: presso la Basilica di San Francesco in Siena, per diversi mesi, avevano trovato rifugio molti ebrei; il Convento di San Miniato al Tedesco (Pisa), nei mesi in cui era diventato fronte di lotta, aveva aperto le sue porte ospitando millecinquecento rifugiati (arrivati a duemila). San Francesco di Pisa era riuscito a procurare alimenti per tremila persone, raccolte nel palazzo arcivescovile; a Pistoia i Francescani erano riusciti ad ospitare alcune centinaia di persone destinate alla deportazione, favorendone la successiva fuga.
Il 25 gennaio 1945 padre Venturi fonda, da un’idea del prof. Paolo Cherubelli, lo Studio teologico per laici, coadiuvato da p. Bernardino Farnetani e, nel 1946, la rivista Città di vita, portavoce dello Studio teologico. Come ricorda Arrigo Levasti, il sostegno di padre Venturi a questa iniziativa fu determinante, non solo per la sua nascita, ma anche per suo il successivo sviluppo: Così nel magnifico scenario dei chiostri di Santa Croce, dove Dante Alighieri aveva attinto i primi semi della sua Divina Commedia, sorgeva spontanea l’idea di un ritorno intellettuale alle fonti e alle sorgenti della dottrina sacra per riportare il pensiero e la vita alle più pure fondamenta della moralità. L’opera si affermò tanto che passava alle dirette dipendenze del Ministro generale, rappresentato da un suo delegato. Professori del clero regolare e secolare insieme a docenti laici formavano il corpo docente per trasmettere le scienze della teologia in un’ottica moderna. Collateralmente nasceva la rivista Città di vita [viii].
Grazie a padre Venturi in Santa Croce sono ripristinate due secolari tradizioni, ragionevolmente innovate per conformarsi ai tempi: la biblioteca, che sostituisce la celebre Libreria ricca di antichi codici manoscritti incamerata dallo Stato nel XIX secolo, e uno Studio anche questo un tempo, quello di dantesca memoria, aperto ai laici e vanto di Santa Croce. E non è fuori luogo affermare che anche grazie al coraggio e alla fermezza di questo francescano non vi furono scorrerie nel Convento e nella Basilica durante l’occupazione nazista. Non sono molte le persone che dimostrano di avere cuore e intelligenza insieme, padre Venturi era una di queste.
[i] Necrologium: 8, p. Pius Venturi, «Commentarium Ordinis Fratrum Minorum Conventualium», 74 (1977), n. 1, p. 92-93.
[ii] Basilica di Santa Croce Firenze, Biblioteca di Santa Croce (OFMConv.), Archivio Storico Provincia toscana OFMConv, Miscellanea, Padre Pio Venturi: omaggio dello Studio teologico per laici di S. Croce Firenze, e degli amici aretini per il XXV di sacerdozio (Colle Val d’Elsa 1923- Arezzo 1948).
[iii] Basilica di Santa Croce Firenze, Biblioteca di Santa Croce (OFMConv.), Archivio Storico Provincia toscana OFMConv., Provincia toscana di S. Giuseppe S.B.M.V. dei Frati Minori Conventuali, Relazione del periodo bellico: anno 1943-1944.
[iv] Ivi.
[v] Basilica di Santa Croce Firenze, Biblioteca di Santa Croce (OFMConv.), Archivio Storico Provincia toscana OFMConv., Provincia toscana di S. Giuseppe S.B.M.V. dei Frati Minori Conventuali, Relazione della visita del m. r. p. Provinciale di Toscana. Triennio 1940-1943.
[vi] Padre Pio Venturi. Omaggio dello Studio teologico per laici di S. Croce … cit.
[vii] Ivi.
[viii] Ivi.